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Recensione: Sam Amidon – I See The Sign (2010)

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Sam Amidon (qualche volta anche Samamidon tutto attaccato) prosegue la sua riscoperta dei brani tradizionali come già era accaduto con il precedente All is Well che così tanto ci aveva entusiasmato così tanto giusto qualche anno fa. Un album, quello del 2008, che il folksinger americano aveva interpretato e suonato magnificamente grazie anche al supporto di un gruppo di amici/musicisti davvero eccezionali tra cui Ben Frost e Nico Muhly a cui oggi, però, bisogna aggiungere il talentuoso multistrumentista Shahzad Ismaily (che vanta collaborazioni con Lou Reed, Laurie Anderson, Tom Waits, Bonnie “Prince” Billy e Jolie Holland) e la ben più famosa – nonché brava – Beth Orton che per l’occasione duetta con Sam Amidon in ben quattro brani di I See The Sign. Un lavoro, quest’ultimo, che mette in luce la sensibilità di un personaggio che continua a scavare nel passato portando in superficie storie e ricordi dell’infanzia, ma anche amori travagliati e umane rassegnazioni attraverso un sottile equilibrio esistenziale fatto di canzoni come Way Go, Willy, You Better Mind, Johanna The Row-di e Rain and Snow. Un altro disco insomma che, eccezion fatta per Relief di Robert Sylvester Kelly, ricompone e riattualizza superbamente un folklore ormai dimenticato da cui vengono fuori passaggi di una bellezza cristallina quali Pretty Fair Damsel, Kedron e Climbing High Mountains da cui si leva ancora una volta la voce toccante, elegante e soave del nostro cantastorie. Un songwriter che si muove abilmente tra folk e dream pop, tra memoria e presente, tra angoscia e lievità, capace oltretutto di osare qualcosa in più; e quel qualcosa in più non sono altro che le lievi incursioni sperimentali inserite nell’iniziale How Come That Blood e nella conclusiva (e personale) Red che spingono un po’ più in là i confini di quest’ultima meraviglia registrata in Islanda al Greenhouse Studios. Gli arrangiamenti orchestrali di archi, ottoni e fiati sono affidati come al solito all’impareggiabile Nico Muhly mentre la produzione è, per la seconda volta consecutiva, di Valgeir Sigurðsson che pubblica con la sua Bedroom Community questa nuova fatica di Sam Amidon.[1] Un altro capolavoro di grazia e leggerezza da non farsi sfuggire assolutamente. Merce sempre più rara di questi tempi. (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata su ML – n. 70 del 31.03.2010


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 20 Febbraio 2012

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