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Recensione: Soundgarden – Screaming Life/Fopp, 2013 (ristampa)

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Remixati, rimasterizzati (dai nastri originali) e assemblati assieme in un solo CD, grazie al fattivo interessamento di Jack Endino, a suo tempo produttore di Screaming Life, vengono pubblicati per la mitica Sub Pop due mini-album dei Soundgarden risalenti al biennio ‘87/’88. Nonostante la loro natura di EP, visti nel loro insieme i due album possono essere assimilati a vera e propria opera prima della band guidata da Chris Cornell. In aggiunta c’è il brano Sub Pop Rock City, precedentemente inserito esclusivamente sulla compilation Sub Pop 200 del 1988. Anche se, al contrario dell’abituale afflato del gruppo di Seattle, che ha solitamente puntato su brani solidi e complessi, qui i pezzi sono brevi e immediati, piuttosto grezzi nella forma ma quanto mai freschi, tipici di una basilare impostazione post-punk e seminale per l’allora nascente grunge, e di conseguenza risultano essere non proprio impeccabili sotto il profilo produttivo. I Soundgarden – il nome preso da una scultura di Douglas Hollis, “A Sound Garden” -, ricordiamo, sono un gruppo formatosi a Seattle nell’84, tra i più importanti e seminali dell’era del grunge, il genere alternative rock sviluppatosi nella città dello stato di Washington. La band, dalle sonorità talvolta prossime all’heavy metal e all’hard rock, ha quasi sempre mantenuto integra la line-up iniziale; composta da Chris Cornell (voce), Kim Thayil (chitarra), Hiro Yamamoto (basso) e Matt Cameron (batteria), entrato in pianta stabile nel 1986. Yamamoto è stato sostituito nel 1990 da Ben Shepherd, mentre altri componenti sono stati Scott Sundquist, batteria e Jason Everman al basso. Nel 1997 si erano sciolti con all’attivo cinque album e cinque EP, e oltre 20 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, ma nel 2010, dopo quattordici anni sono tornati sulle loro decisioni riunendosi per proseguire nell’avventura musicale, e rimettersi in gioco nei concerti dal vivo, senza però la presenza di Matt Cameron nel frattempo impegnatosi con i Pearl Jam. Una cupa e nervosa muscolarità dell’impegno musicale li ha portati a suo tempo ad essere etichettati spesso come gruppo metal/hard rock e a essere definiti dalla critica come Led Sabbath, sintesi estrema di due probabili riferimenti per la formazione quali Led Zeppelin e Black Sabbath; ma vi si colgono pure istanze che rimandano ad altre band amate dai Soundgarden quali Joy Division, Bauhaus, Pere Ubu e Killing Joke. In questo loro lavoro seminale Hunted Down, in apertura, si ammanta di stilemi metal, con il vocalismo (alla Robert Plant o alla Ian Gillan, come preferite) di Cornell cupo ed evocativo a farla da padrone. A seguire “Entering” si districa abilmente tra sonorità punk e atmosfere psichedeliche, la breve “Tears To Forget” torna a prospettare scenari più tirati ed heavy, e “Nothing to Say”, con la voce rabbiosa e potente di Cornell, un pezzo che merita l’attenzione che si deve ai grandi, veleggia una volta di più dalle parti dei Black Sabbath. Interessante al riguardo del frontman una dichiarazione del produttore Jack Endino: «Chi si accinge all’ascolto potrà verificare come Chris faccia esperimenti con la voce, come cominci a padroneggiare la varietà della gamma vocale in suo possesso; quando noi lo sentimmo in un brano come “Nothing to Say” ci scappò l’esclamazione “Cazzo, come siamo riusciti a fare una cosa così?”». “Little Joe” è un pezzo convincente di punk & psychedelia al pari di “Hand Of God”, entrambe sono già entrate nella storia. La muscolare e dissonante “Sub Pop Rock City” fa da spartiacque tra i due EP contenuti nel CD ed è un’autentica chicca recuperata alla discografia ufficiale dei Soundgarden dopo essere apparsa – come detto – solo in una compilation della Sub Pop (etichetta cui il grunge deve quasi tutto in termini di divulgazione e visibilità). La title-track “Fopp”, dalla ritmica incalzante ed il riff mozzafiato, è di fatto il pezzo d’apertura del secondo mini-lp ed è una cover di un brano del gruppo funk anni 70, gli Ohio Players, aggiornata ai gusti della formazione, bissato da una seconda versione ‘Dub’ (“Fopp Fucked Up Heavy Dub Mix”) fuori dal seminato dello stesso; e in verità, piuttosto inutile, lascia il tempo che trova. L’hard-rock di “Kingdome Of Come” è debitore di certo, in maniera più marcata, dei Led Zeppelin, quelli più più immediati e meno cerebrali, mentre invece la debordante ed irruenta “Swallow My Pride” è una cover di un brano dei concittadini Green River. La magnifica foto di copertina (che raffigura in primo piano Chris Cornell mentre canta e dietro di lui Kim Thayil suonare la chitarra), in B&N virato nella tonalità ‘seppia’, è opera di Charles Peterson e proprio un libro del fotografo, “Screaming Life: A Chronicle of the Seattle Music Scene”, pubblicato nel 1995, si è ispirato nel titolo all’EP. Direi che per coloro che amano da sempre il sound genuino e impetuoso dei Soundgarden è un’occasione importante per mettere ordine al mosaico della loro discografia anche se proprio non costituisce il meglio della loro produzione artistica; per gli altri, per coloro che si sono avvicinati tardivamente al grunge, si tratta di un fresco ed eccellente apripista al genere nato in quel di Seattle. (Luigi Lozzi)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 6 Dicembre 2013

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