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Recensione + intervista: Okay – Low Road (2005)


Low Road è la prima parte di un doppio lavoro realizzato da Marty Anderson (già cantante dei Dilute e collaboratore di Kenseth Thibideau sotto la sigla Howard Hello) che per l’occasione – dopo numerose registrazioni sotto lo pseudonimo di Jacques Kopstein – sceglie di chiamarsi Okay. Originario di Fremont, California, Marty è un ragazzo dalle indiscutibili capacità creative in grado di comporre e arrangiare un disco completamente da solo, complice (purtroppo) un disturbo cronico allo stomaco che lo costringe, quasi tutti i giorni, a rimanere chiuso nella casa-studio dei genitori attaccato a una flebo. A dire il vero, però, proprio solo non è perchè a dargli una mano c’è anche il vecchio amico Jay Pellicci, ingegnere del suono che contribuisce alla riuscita di questo appassionante album di canzoncine indie pop. Un miscuglio di tastiere, chitarre, batterie sintetizzate, brusii e strepiti di fondo dall’effetto malinconico e allo stesso tempo elettrizzante come Holy War, sospesa tra leggerezze acustiche e sregolatezze rumoristiche, e Replace il cui attacco potrebbe ricordare, vagamente, qualcosa dei Velvet Underground & Nico. Un CD pieno di spunti e di riferimenti (Neil Young, Mercury Rev, Daniel Johnston, The Decemberists e Pavement i primi che vengono in mente) che mostra il talento del giovane cantautore americano quasi alla maniera di Beck e Dylan. Ed è per questo che Low Road, nonostante le armonie vivaci e festose di Hoot e Devil, il dinamismo pop rock di Now e l’attitudine post-rock di Roman e il piglio dark/new-wave di We, si rivela un album appassionante, capace, oltretutto, di bucare la pelle con canzoni che hanno un effetto dolce e poetico come, per esempio, Oh e Bullseye: brani che struggono il cuore e che lasciano un nodo in gola. Nell’attesa della parte seconda (High Road) non possiamo che ringraziare la RuminanCe che, su licenza Absolutely Kosher, sta distribuendo in Europa il debutto di Mr. Okay.[1] Un disco da mettere assolutamente sotto l’albero di Natale. (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata su ML – n. 41 del 16 dicembre 2006

INTERVISTA A MARTY ANDERSON
2007© di Luca D’Ambrosio

Originario di Fremont, California, Marty Anderson (in arte Okay) è un ragazzo dalle indiscutibili capacità creative. “Low Road” è la prima parte di un doppio lavoro di “canzoncine” indie pop uscito nel 2005 negli Stati Uniti d’America ma pubblicato in Europa soltanto nel 2006. Un delizioso miscuglio di tastiere, chitarre, batterie sintetizzate, brusii e strepiti di fondo dall’effetto malinconico ma stranamente elettrizzante…[2]

[2]Intervista pubblicata su ML – n. 42 del 23 gennaio 2007

A essere sincero prima di “Low Road” non avevo mai sentito parlare di Marty Anderson. Mi racconti brevemente la tua evoluzione artistica ?
Quando ero piccolo suonavo molto il piano. Mia madre comprò un vecchio Dresden e verso i 12 anni cominciai a scrivere canzoni. Poco tempo dopo iniziai a scriverle col computer utilizzando un vecchio programma MIDI (chiamato “Trax”) che mi prese mio padre. Alle superiori, poi, incontrai Jay Pellicci e cominciammo a suonare musica “rock” nel garage di casa sua con suo fratello Ian. Con l’inserimento del nostro amico Craig Colla al basso diventammo i Dilute, formazione con cui abbiamo inciso 2 dischi in studio e 2 CD live (split) condivisi con Hella. Nel periodo della band continuavo ugualmente ad incidere dischi per conto mio: 3 dischi autoprodotti raggruppati inizialmente sotto il nome di Pomographic Dye e, successivamente, col nome Jacques Kopstein col quale uscì “a” su “Frenetic Records. Questo materiale diede vita al progetto “Okay”. Infatti, quando i Dilute fecero una pausa nel 2002 – pausa che continua ancora oggi – mi concentrai sull’idea di creare una band impostata solo su di me o che includesse persone che fossero presenti nella mia vita e volessero suonare. Nacque così il moniker “Okay”, un nome da mettere su qualsiasi musica stia creando al momento, che sia un lavoro solista o con un collettivo di 9 amici (il massimo delle persone con cui finora mi sono esibito).

Okay è una tipica espressione americana che indica consenso, intesa… Una delle parole più diffuse al mondo come del resto “Ciao”. C’è un motivo ben preciso per cui hai scelto questo nome?
Ho pensato molto al nome. Ho fatto dei test mentre altre persone hanno realizzato delle ricerche con statistiche e grafici … abbiamo fatto di tutto. Credo che non abbiamo dormito per due settimane. In quel periodo una persona cominciò perfino a fare uso di droghe per rimanere concentrato, un altro fu ricoverato per un attacco di ansia ed altri quattro invece lasciarono perdere. Nonostante tutto, non trovammo un nome! Solo quando rimanemmo senza speranza, perché non sapevamo più dove cercare, venne fuori il nome. Fu davvero molto semplice.

Con quali riferimenti musicali sei cresciuto?
Christmas music, Top 40, Beatles, Bob Dylan, Neil Young, Velvet Underground, John Frusciante, Merzbow.

Non ho ancora ascoltato “High Road”, tuttavia, trovo davvero interessante “Low Road”. Se il disco non fosse uscito nel 2005 negli Stati Uniti sarebbe entrato, sicuramente, nella mia Top Ten del 2006. Come mai è stata ritardata la distribuzione in Europa? Eppure internet dovrebbe garantire una diffusione globale e immediata, quasi in tempo reale…
Non conosco il motivo del ritardo. A dire il vero non ho fatto molta attenzione a questa parte del processo, a mio discapito credo. Mi rendo conto che internet avrà un ruolo fondamentale sulle mie produzioni a venire e spero che in futuro l’uscita europea sia più immediata.

Pensi che questa enorme quantità di musica autoprodotta, in circolazione su internet, in qualche modo penalizzi o rallenti l’affermazione di certi musicisti di talento?
Questa è una domanda alquanto complessa, ma risponderò comunque. Solo quando hai uno scopo che prevede una ricompensa o il raggiungimento di qualche livello di consenso, l’idea di “penalizzazione” rientra nel quadro. Qualsiasi gioia derivante da tale “elogio del talento” ti andrebbe inevitabilmente contro, non credi? Detto ciò, in un mercato saturo come quello della musica contemporanea, c’è una mancanza di chiarezza e questa mancanza naturalmente altera i parametri di ciò che si crede “vera arte”. Non è sempre facile individuare la differenza tra arte che sostiene l’inganno ed arte che, invece, tenta di rivelarlo. A volte la differenza è sottile, ma molto importante. A volte, alle persone con le quali suono, dico: “se ascolti bene non stiamo suonando delle canzoni… ma qualcosa di molto simile”.

Mi spieghi perché hai deciso di esordire con due lavori distinti e separati e non con un doppio CD?
L’idea dei 2 CD era pratica. Non volevo far uscire un cd di 80 minuti o ignorare il fatto che il progetto era di una tale grandezza. Così, Cory di Absolutely Kosher Records ed io abbiamo deciso di fare uscire 2 dischi separati ma collegati concettualmente.

Parliamo di “Low Road”, un disco sostanzialmente pop, pieno di dettagli sonori… Un lavoro suonato, cantato e arrangiato splendidamente con richiami dark, rock, folk, post… Un disco malinconico e poetico ma dall’effetto finale decisamente elettrizzante.
Sono contento che tu sia in sintonia con la musica. Sono state dette molte cose sulle mie registrazioni. Sono abbastanza soddisfatto della reazione. Ancor prima che uscissero i dischi, dissi che mi sarebbe piaciuto ricevere qualsiasi tipo di critica, nel bene o nel male per quanto possibile. Sono contento sia che il disco venga definito “capolavoro” che “disastro”. Sono comunque d’accordo con entrambi i giudizi!

Sono stati tanti i riferimenti che mi sono balzati alla mente: Neil Young, Mercury Rev, Daniel Johnston, Pavement…
Ho ascoltato tutti quelli che hai elencato eccetto Mercury Rev. Ascolto ancora spesso il vecchio Neil Young. Il nuovo documentario di Daniel Johnston è interessante.

A parte l’intervento di Jay Pellicci, ho letto che hai fatto tutto da solo. Hai persino creato la copertina…
Sì è vero. In particolare per quei dischi (Low Road e High Road, n.d.r.), ho fatto il 98% di essi, ma non è stato pianificato. È semplicemente successo.

In vista di un eventuale tour, ti stai organizzando con una vera band oppure pensi di andare in giro da solo?
Non penso affatto di andare in giro. Forse un giorno, quando avrò la giusta combinazione di elementi, andrò di nuovo in tour. Sicuramente non ora. Ciò però non significa che io non stia scrivendo o suonando occasionalmente, significa semplicemente che per vedermi devi venire nella Bay Area.

So che hai realizzato il disco in un momento non particolarmente felice della tua vita. Vuoi raccontarci qualcosa a proposito?
Non penso che la mia esperienza sia stata più difficile di altre. Sono passato attraverso alcune forme acute di malattia e pazzia mentre registravo quei dischi, ma ci sono forme acute di malattia e pazzia ovunque tu guardi.

Ti va di dire qualcosa sui temi trattati e da cui hai tratto ispirazione?
I temi trattati sono complessi e sfaccettati. L’idea di se stesso si sovrappone all’idea di paese e viceversa. Questo è stato fatto per renderlo universale. I dischi sono due reazioni diverse verso lo stesso stimolo. È una questione di prospettiva, sia del narratore che di colui che ascolta. Una delle idee originali era di avere una sottile differenza nello stile e nella dinamica dei dischi. In questo modo, quando qualcuno preferisce un disco piuttosto che l’altro, si capisce da che parte sta l’ascoltatore.

Quanto ti aiuta la musica nella vita di tutti i giorni?
Questa è una bella domanda. Non saprei risponderti. Quanto ha bisogno il tuo piede del calzino ogni giorno?

Nell’attesa di ascoltare “High Road”, ci sono altri progetti o dischi in vista?
In questo momento ho circa 168 canzoni ancora da registrare. L’anno scorso ho messo su una grande band, abbiamo imparato 10-20 canzoni e suonato nelle feste locali durante il 2005 con Joanna Newsom, Xiu-Xiu e Stereolab. Da allora la band si è sciolta. Non siamo arrivati a registrarle in studio con quel gruppo di persone quindi, per ora, non so quale sarà il destino di quel materiale. Sono felice di lasciarlo così. Comunque prossimamente ho un’uscita online per la Absolutely Kosher che documenta quel periodo. Per quanto riguarda le produzioni future per Okay, c’è un disco di vecchie canzoni d’amore, Huggable Dust, che uscirà con Absolutely Kosher nel 2007. Al momento sto lavorando su alcuni nuovi dischi nel mio appartamento di Berkeley.

Beh, è tempo di classifiche. La tua top ten del 2006 ?
Non penso neanche di poter nominare 10 album usciti nel 2006. Davvero, non conosco abbastanza la musica attuale per rispondere a questa domanda.

Prima di salutarci, possiamo affermare che la musica di Marty Anderson è OKAY? (sorriso, ndr.)
Puoi, ma non sei il primo (sorriso, ndr).


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