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Recensione: Living Dead Lights – Black Letters (2014)

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Sono passati quattro anni dall’EP Dead Edition pubblicato per la Dead Republic Music Group ma con il full-lenght Black Letters per i Living Dead Lights si riapre un discorso discografico fermo al 2010. Sebbene ufficialmente ubicata nella Città degli Angeli, la band rivendica radici che richiamano terre e culture differenti, in uno spazio geografico che dagli Stati Uniti lambisce il Giappone passando per l’Inghilterra; non è un caso infatti che, leggendo in giro, ai L.D.L vengano accostate molteplici influenze, dall’alternative al punk rock o anche al metal. Non c’è dubbio che il filo conduttore tra le varie teorie sia una proposta frontale, d’impatto, energica, ben rappresentata dalle trame chitarristiche di Alan Damien. All’aspetto tagliente e irruente di una base solida, corrisponde comunque un impianto vocale che mette in fila scelte melodiche piuttosto azzeccate, un ottimo compromesso che alla fine garantisce e mantiene interesse all’ascolto, quanto detto valga soprattutto negli episodi up-tempo come l’opener I’ll be your Frankenstein o una coinvolgente Follow. Alla riuscita di un sound moderno, dinamico e, a mio parere, ben affine a chi mastica forme meno classiche e ortodosse di heavy, ha lavorato alacremente una squadra coi fiocchi composta dal produttore Fred Archambault (già coi Deftones), da David Spreng (batterista e co-compositore del grande Alice Cooper) all’engeneering e dal mastering di Tom Baker (Nine Inch Nails e Rob Zombie tra gli altri). Nelle stesse parole della band, “Living Dead Lights are the true voice of their generation”, a Black Letters il compito di ratificare la veridicità di questo proclama! (Manuel Fiorelli)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 8 Febbraio 2014

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