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I cinque album del 2014 più ascoltati da Maurizio Blatto

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Sappiamo benissimo di essere stati poco originali nel mettere su questa piccola rubrica musicale, ma da malati di musica quali siamo non potevamo farne a meno. Soprattutto quando ci si è presentata l’occasione di poter chiedere ai nostri critici musicali preferiti i cinque album del 2014 che fino a questo momento hanno ascoltato con maggiore piacere. Il primo ad accettare il nostro invito è stato il buon Maurizio Blatto che, senza batter ciglio, ha buttato giù la sua personale lista accompagnando ciascuna scelta con un breve quanto appassionante commento. Buona lettura.

Sun Kil, Moon Benji (Caldo Verde, 2014)

Mark Kozelek è una brutta bestia, litiga con tutti. Secondo alcuni ha una sola canzone: può darsi, ma è una canzone bellissima. Dopo i Red House Painters e gli album solisti affiancati da mille live, questo è il suo vertice assoluto. Torna a casa e canta di famiglia, Ohio, assassini, compagni di scuola e della malinconia che si porterà dietro per tutta la vita (I Watched The Film…). L’intensità è assoluta. Un Grande Romanzo americano su ballate meravigliose.

Scott Walker + Sunn O))), Soused (4AD, 2014)

Il principe delle tenebre e i Cavalieri dell’Apocalisse: ma il pessimismo della somma non è così profondo. Una collaborazione che nobilita il senso ultimo della musica, ovvero osare e portare le composizioni in luoghi inediti. Scott Walker è lirico e alto come non mai, mentre i Sunn O))) si appoggiano e non massacrano. Brani lunghi, le onde ultime di un oceano di drones e Scott Walker, il JD Salinger del mondo pop, a svettare su tutto. Un’Opera al nero.

Cagna Schiumante, S.T. (Tannen, 2014)

A parafrasare una vecchia e grande canzone degli Starfuckers: “grazie per non sostenere la pace sociale del rock”. E proprio dagli Starfuckers proviene “Chicco” Bertacchini, cagna schiumante insieme a Xabier Iriondo e Stefano Pilia. Tre assi, un manipolo di grandiosi eretici del nostro mondo musicale impegnati in un album di ragionata follia. Post punk, ritmica secca, grandi testi (Valentina Chiappini) e la malinconia dei saggi che nessuno vuole ascoltare. Qui c’è Gioia e c’è anche Rivoluzione.

Stephen Malkmus and the Jicks Wig, Out At Jagbags (Domino, 2014)

Forse è già un veterano. Ma è lui il vero eroe dell’indie rock, uno che sa i segreti del rock classico e i modi distratti per replicarli a un mondo “differente”. C’è rilassatezza soul, una bordata punk, un testo che parla dei dischi che amiamo (Lariat), fiati, organo elettrico e Smoov, ballatona sempiterna. Nessuna caduta di tono, il ciuffone intatto e la dorata gentilezza di Mr. Pavement. Un esercizio di un uomo di stile.

Giardini di Mirò, Rapsodia Satanica (Santeria, 2014)

Musiche composte per un film del 1917, Rapsodia Satanica appunto, firmato dal regista torinese Nino Oxilia. Ma in verità un disco che vive di potenza propria anche se slegato dalla pellicola ispiratrice (peraltro vederli musicarla dal vivo è un’esperienza imperdibile). In mezzo alle trame post rock o chitarristicamente cinematiche, emerge un gusto per certi accordi da blues africano (III) che costituisce l’ossatura per improvvise impennate e tensioni trattenute. Grande classe.



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