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Edoardo Pasteur – Dangerous Man, 2017 | Recensione

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Un disco assai insidioso e denso di particolari d’autore che spesso però non reggono con forza e decisione la grande ambizione di Edoardo Pasteur, relegando l’opera in una prova non ottimamente riuscita.

Un debutto autoprodotto che nella forma si presenta generoso e ambizioso, ma nella sostanza ingenuo e con diversi limiti.

Il genovese Edoardo Pasteur canta con fervore l’America della terra dei sogni, dei grandi film e dei grandi colossi della canzone d’autore come Cohen e Dylan, ma ciò non basta.

Dangerous Man è infatti un lavoro di pop americano debole in cui Pasteur cerca di mettere a fuoco le sue idee e i suoi sentimenti senza però riuscirci perfettamente.

Nella struttura e nella forma canzone ci siamo, anche per via di molte scelte sonore. Gli arrangiamenti sono precisi e fanno il loro dovere, spesso anche con moltissimo gusto. Mancano però incisi forti capaci di lasciare il segno. Un brivido.

La lingua inglese, poi, è davvero il punto più fragile dell’intera produzione: un approccio scolastico e, purtroppo, brutto all’ascolto.

Probabilmente Dangerous Man è un disco che ha puntato davvero in alto, forse troppo in alto per essere un esordio di tale portata che, invece, avrebbe dovuto dosare con più dolcezza, personalità e ispirazione. Tuttavia, non è mancato il coraggio di provarci. (Alessandro Riva)

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✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 30 Ottobre 2017

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