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Rettore: bisogna fare più festival, non solo Sanremo | Intervista

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“Impossibile non riconoscere a Donatella Rettore (in arte semplicemente Rettore) un ruolo importante nella canzone pop italiana, come è altrettanto impossibile non far caso a quanto sia fondamentale la musica nella sua vita. Perché al di là di successi da classifica come Splendido Spendente (1979), Kobra (1980), Donatella (1981) e Lamette (1982), che oggi chiunque ascolta e canticchia inevitabilmente con piacere, la Rettore è un’artista appassionata come poche altre della sua generazione. Una cantante lucida, sincera e indomita che, nonostante le ospitate nei vari programmi televisivi acchiappa nostalgici, manifesta sempre una partecipazione emotiva su tutto ciò che abbia a che fare con la parola musica” (dal libro, La musica, per me di Luca D’Ambrosio). In occasione della 70esima edizione del Festival di Sanremo, abbiamo fatto due chiacchiere con la cantante di Castelfranco Veneto. Buona lettura. (La redazione)

Intervista a Donatella Rettore, di Luca D’Ambrosio

Iniziamo subito con la 70esima edizione del Festival di Sanremo. Cosa ne pensi della direzione artistica?
Finora ho una sensazione positiva. Credo che sia un’ottima direzione artistica perché viene da uno (Amadeus, ndr) che fino all’altro ieri ha fatto il dj, che ha scelto i dischi da mettere in radio e che di musica ne sa assolutamente. Ovviamente tutto può accadere a Sanremo. Si sa, Sanremo è un grande circo e le malignità, le chiacchiere e le vigliaccate sono sempre dietro l’angolo. Bisogna fare più festival, non solo Sanremo.

Quattro volte al Festival di Sanremo:1974, 1977, 1986 e 1994. Che ricordo hai di quelle partecipazioni?
Io sono quasi sempre stata molto isterica a Sanremo, soprattutto nel 1986, perché mi sentivo addosso gli occhi di tutti. Del resto ero giovane e non sapevo controllarmi. Nel 1994 invece c’era un grande maestro come Pippo Baudo, per cui mi sono sentita tranquilla e molto protetta. Infatti ho cantato bene. Comunque, sia nel 1986, con Amore stella, che nel 1994, con Di notte specialmente, avevo canzoni molto belle. Due canzoni che canto ancora adesso nei miei concerti, anche per far vedere un altro tipo di Rettore che la gente non conosce a fondo.

“Con la musica non si invecchia” (Rettore)

A chi venne l’idea di gettare le caramelle sul pubblico e l’orchestra nel 1977 mentre cantavi “Carmela”? Ci racconti qualcosa?
L’idea delle caramelle fu assolutamente mia, sposata da Vittorio Salvetti, il grande maestro di Sanremo ‘77. Anzi, me le procurava il suo socio che diceva: “Donatella, ti sei dimenticata le caramelle!” e arrivava di corsa con il cestino. Le caramelle erano con lo “scoppio”.

Cambiamo argomento. Sei dello stesso paese del mai dimenticato Giusto Pio. Che ricordi hai del Maestro?
Giusto Pio se n’è andato due anni fa lasciando dentro me un grandissimo vuoto. Diceva sempre “Mi son vecio, mi son vecio”, però quando prendeva il violino e si metteva a scrivere nel suo studio questa vecchiaia non si sentiva, perché con la musica non si invecchia. Manca moltissimo, ovviamente. Tra l’altro è stato un “morosetto” di mia mamma. Manca la sua bonarietà, il suo essere musicista fino in fondo. Giusto Pio è stato un grande. Un grande di Castelfranco Veneto. Un grande dell’Italia.

“La musica deve unire e non dividere” (Rettore)

Progetti per il futuro?
Mi piacerebbe che l’estate 2020 fosse bella come l’estate del 1980. Piena di belle canzoni da cantare e da ballare sulla spiaggia. Canzoni che facciano ritrovare alla gente il gusto di mollare il telefono, guardarsi negli occhi e cantare insieme anche stonati come delle campane. Questo è importantissimo: la musica deve unire e non dividere.

Rettore canta “Carmela” (presentata come “Oh, Carmela!“)

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