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The Felice Brothers – S.T. (2008)

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Tre fratelli – Ian, Simone e James Felice – della periferia di New York che vivono la strada suonando in ogni angolo di metropolitana, facendo i lavori più disparati e saltando come dei perfetti hobos di treno in treno. Un continuo peregrinare che li porta dapprima all’incontro con Christmas, abile giocatore di dadi che si unisce alla band, e successivamente a un contratto discografico con la Loose Music con la quale – dopo aver autoprodotto Through These Reins and Gone (2006) – realizzano nel 2007 il primo vero album d’esordio intitolato Tonight At The Arizona. Passa soltanto un anno ed ecco, però, che i “Fratelli Felice” stringono un nuovo accordo discografico, questa volta con l’encomiabile Team Love Records, con cui producono questo nuovo e omonimo lavoro che, quantunque ricalchi timbriche vocali e sonorità che ricordano Bob Dylan e la Band, ci entusiasma e ci travolge emotivamente come pochi dischi hanno saputo fare nel corso dell’anno appena trascorso.[1] Con alcuni brani che sembrano usciti direttamente da Blonde On Blonde e con passaggi che vanno dritti al cuore quali Little Ann, Goddamn You, Jim, Saint Stephen’s End e Murder By Mistletoe, questa seconda meraviglia della formazione yankee passa in rassegna tutta la tradizione folk rock americana (e non solo). Un disco che ci accarezza e ci ubriaca di emozioni, prima con la baldanzosa Frankie’s Gun!, che sembra provenire addirittura da Rum, Sodomy & the Lash dei Pogues, e poi con il country-western di Whiskey in My Whiskey e Take This Bread, quest’ultima quasi – e ribadisco quasi – dagli approcci e dalle espressioni dixieland. Helen Fry, Greatest Show On Earth e Wonderful Life, invece, sono pezzi dai sigilli blues che racchiudono lo spirito del mai dimenticato Woody Guthrie e che fanno di questa seconda fatica ufficiale dei Felice Brothers una delle migliori uscite del 2008. E non è certamente colpa di Ian Felice se la sua voce ricorda un illustre personaggio della storia della popular music che all’anagrafe è registrato come Robert Allen Zimmerman. (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata su ML – Update n. 61 del 28 gennaio 2008



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