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Recensione: Manuel Rinaldi – Faccio quello che mi pare (2016)

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Pare evidente, a volte, quanto la propria appartenenza territoriale riesca a imprimere un’etichetta e un design al tutto. Scendendo nella pratica direi che l’emiliano Manuel Rinaldi con questo nuovo disco intitolato Faccio quello che mi pare (un’autoproduzione come esorcizzato anche dal titolo) non riesce o non vuole scostarsi proprio da uno standard che ha fatto storia, di quelli che ha scritto pagine indelebili del pop rock italiano da hit radiofoniche. Dunque sono sempre molto combattuto quando si usano forme magistralmente pop(ular) contaminandole, come in questo caso, di quel rock macchiato di grunge e di ruggine, confondendosi (e confondendo) spesso le idee. Come dire: di cosa si tratta? Carne o pesce?

Purtroppo l’energia di questo album si tramuta in presunzione e arroganza, sia nel timbro di voce così che nella rabbia con la quale Rinaldi denuncia l’omologazione sociale e invita alla rivoluzione. La grinta e le idee melodiche trasudano poca fantasia di rinnovamento. E la sensazione è di difficoltà, soprattutto nel giungere a fine corsa, forse una mancanza di novità e freschezza autoriale, tanto nei testi quanto nelle musiche. Insomma, una gran bella produzione, bei suoni che incalzano e grinta e energia da vendere che, tuttavia, potevano anche osare molto di più nell’approccio e nelle strutture compositive. Il risultato è un “format” troppo ripetitivo, prevedibile e chiuso su sé stesso e che, quindi, manca di originalità. (Alessandro Riva)


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