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Peyoti for President: il grido di protesta di Your Comfort Zone

Sedici anni dopo il debutto, Peyoti for President torna con Your Comfort Zone: un album che fonde cumbia, reggae, punk e spiritualità. Un grido di protesta, un invito al caos gioioso, una guerriglia sonora pronta a danzare sulle rovine del consenso.

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Sedici anni dopo l’album di debutto Rising Tide of Conformity, il gruppo Peyoti for President, guidato dal poeta nomade Anglo-italiano Peyoti, ritorna da lontano – geograficamente, spiritualmente e musicalmente. Concepito da un trip psichedelico su una spiaggia di Oaxaca e perfezionato nell’isolamento nebbioso delle montagne del sud del Portogallo, il nuovo disco Your Comfort Zone è un grido di protesta, un invito al caos gioioso, una guerriglia sonora pronta a danzare sulle rovine del consenso.

Nel nuovo album c’è di tutto: l’eredità musicale di Manu Chao pompata al turbo, la cumbia che si mescola a beat downtempo in stile Gorillaz, influenze reggae-dub-fusion à la Fat Freddy’s Drop, la tenerezza latina che esplode in slogan da barricata, un attitudine punk con il cuore del movimento hippy rivoluzionario degli anni 60 e la militanza delle pantere nere.

In You Are The RevolutionPeyoti dichiara subito le sue intenzioni: la rivoluzione sarà festosa o non sarà affatto, una sorta di Se non posso ballare non farò parte della vostra rivoluzione. Più avanti, Soy Un Bohemio intreccia riff che oscillano come una bottiglia di mezcal svuotata tra compagni. L’album respira urgenza, ma sa anche creare pause contemplative – come Tolerance, o Freedom Preacher – interludi che suonano come mantra di lotta.

Ancora più tagliente Palestinian Children che pone l’ascoltatore davanti a ingiustizie crude, senza filtri, e temi più discutibili come la scelta di vaccinarsi o meno in My Body My Choice. Ma sempre con quel groove irresistibile che fa alzare il pugno mentre si muovono i fianchi. È questa l’alchimia di Peyoti: ballare sulla rabbia, ridere in faccia al cinismo. E il riso, quello di Ceci Meza, registrato come un’eco allucinata su Vamos A Nadar, attraversa l’album come un fantasma di libertà.

E poi c’è il titolo-manifesto, Your Comfort Zone Will Kill You – un graffito diventato mantra. È tutto lì: uscire dalla bolla, lasciare il divano, disobbedire, reinventare il mondo, almeno per la durata di una canzone. La produzione, affidata a Marc Mennigmann e finalizzata a Londra, dona a questo mosaico un’eleganza inaspettata, vicina a un Nitin Sawhney più ruvido.

Più che un disco, Your Comfort Zone è un’arma gentile, un invito a resistere – ballando. In un’epoca in cui manifestare può significare essere etichettati come terroristi, Peyoti for President restituisce alla musica il suo vero posto: al cuore della contestazione. E tu, cosa stai facendo per cambiare il mondo? (Adaja Inira)


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