Fairytale of New York non promette miracoli. Racconta la realtà con lucidità e poesia. È una canzone che parla di fallimenti e speranze con la stessa voce, ed è proprio per questo che continua a tornare ogni dicembre. Non come sottofondo, ma come racconto necessario.
Kirsty MacColl e Shane MacGowan (Tim Roney/Getty Images))
Fairytale of New York non è una canzone natalizia tradizionale. È un racconto crudo e poetico, lontano dalle luci rassicuranti delle feste. Pubblicata nel 1987 dai Pogues e cantata da Shane MacGowan e Kirsty MacColl, il brano è diventato nel tempo un simbolo culturale capace di attraversare generazioni, classifiche e linguaggi musicali. Una ballata folk che ha riscritto il modo di raccontare il Natale, rendendolo umano, fragile e profondamente vero.
Il brano viene pubblicato nel novembre 1987 nel Regno Unito e in Irlanda. In poche settimane conquista il pubblico, restando cinque settimane al primo posto della classifica irlandese. Il 17 dicembre dello stesso anno, The Pogues e Kirsty MacColl lo eseguono a Top of the Pops sulla BBC, spingendo la canzone fino al secondo posto della classifica britannica. Nonostante non abbia mai raggiunto il primo posto tra i singoli natalizi nel Regno Unito, Fairytale of New York chiude il 1987 al 48º posto tra i brani più venduti, pur essendo rimasta in commercio solo un mese. Un risultato che anticipa una longevità senza precedenti.
La canzone è scritta da Jem Finer e Shane MacGowan ed è inclusa nell’album If I Should Fall from Grace with God. L’arrangiamento porta la firma di Fiachra Trench. In origine il duetto doveva coinvolgere Cait O’Riordan, ma la sua uscita dal gruppo nel 1986 cambia i piani. Il produttore Steve Lillywhite propone allora la voce di sua moglie, Kirsty MacColl, inizialmente solo come guida. Il risultato convince immediatamente la band, che la sceglie per la versione definitiva. Il contrasto tra la voce ruvida di MacGowan e il canto limpido della MacColl diventa l’anima emotiva del brano.
Il testo racconta il sogno ad occhi aperti di un immigrato irlandese, ubriaco e rinchiuso in una cella di New York la vigilia di Natale. Un canto lontano accende il ricordo di una relazione passata. Da lì nasce un dialogo amaro tra due personaggi segnati dall’alcol e dalla dipendenza. Le speranze giovanili, l’amore, la rabbia e una fragile promessa di resistenza convivono nello stesso spazio narrativo. È un Natale senza redenzione facile, ma carico di verità.
Il videoclip è diretto da Peter Dougherty e girato a New York durante una settimana particolarmente fredda del novembre 1987. Si apre con Shane MacGowan seduto al pianoforte, anche se le mani che suonano sono in realtà quelle del pianista James Fearnley, che indossa gli anelli del cantante per rendere credibile l’inquadratura. Alcune scene vengono girate in una vera stazione di polizia nel Lower East Side. L’attore Matt Dillon interpreta l’agente che arresta MacGowan. Parte del video coinvolge la banda NYPD Pipes and Drums, presente anche se nel testo si parla di un coro che in realtà non esiste. Per esigenze di ripresa, la musica eseguita viene mascherata in fase di montaggio.
Il brano viene ripubblicato nel 1991 e poi nel Natale del 2005, raggiungendo il terzo posto nel Regno Unito. I proventi di quest’ultima edizione vengono destinati in parte ad associazioni per i senzatetto e in parte alla campagna Justice for Kirsty. Dal 2005, grazie al download digitale, Fairytale of New York rientra regolarmente nelle classifiche natalizie di Regno Unito e Irlanda. Nel 2012 viene ripubblicata per celebrarne il venticinquesimo anniversario. La canzone trova spazio anche nel cinema, come brano introduttivo del film Basquiat, e viene reinterpretata da artisti come Christy Moore e Angelo Branduardi, che nel 2011 firma la versione italiana Favola di Natale a New York.
Nel tempo Fairytale of New York è stata votata come migliore canzone natalizia di sempre in numerosi sondaggi nel Regno Unito e in Irlanda. Un riconoscimento che nasce dalla sua capacità di raccontare il Natale senza filtri, mettendo al centro gli esclusi, le fragilità e l’amore imperfetto. (La redazione)
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