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Recensione: Coldair – Persephone (2010)

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Be’, sarà pure una casualità ma tra le prime cose nuove in cui mi sono imbattuto nel trasferirmi a Varsavia c’è stato Persephone, esordio del giovanissimo cantautore polacco Tobiasz Bili?ski, alias Coldair, già membro dei Kyst. Un debutto convincente che mette in mostra, nonostante i vent’anni di Tobiasz[1], un songwriting decisamente maturo simile, sotto certi aspetti, a quello del nostro amato Sam Amidon per cui proprio qualche tempo fa ha aperto un concerto qui in Polonia. Un folk sperimentale e sghembo che, in alcuni passaggi, riesce a tingersi anche di quei minimalismi acustici che tanto cari furono al grande Nick Drake. Persephone, titolo quasi sicuramente ispirato al mito di Persefone, figura della mitologia greca, è un disco costruito su melodie bislacche e a bassa fedeltà, dove puoi riconoscere l’alt. country americano di Bonnie “Prince” Billy, la scena inglese di Canterbury di Robert Wyatt e perfino il suono algido, ma profondamente toccante, degli islandesi Sigur Rós. Un mix, quindi, garbatamente squilibrato che mescola cantautorato e musica sperimentale: basta ascoltare Ghosts e Blue Lights per rendersene conto immediatamente, con la voce spezzata e malinconica di Bili?ski in grado di scuotere quel tipico torpore di fine estate. Un buon inizio d’autunno, dunque, ma anche il miglior benvenuto in terra polacca per chi, come me, si era assopito sotto il sole italiano perdendo stimoli e motivazioni. Insomma: finalmente una bella ventata d’aria fredda. (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata su ML – Update n. 73 del 4 ottobre 2010



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