Intervista a Marco Bonvicini

Marco Bonvicini è un cantautore bolognese, giunto al suo quinto album da solista uscito a giugno 2022 per New Model Label. Questa è la nostra intervista.

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Marco Bonvicini è un cantautore bolognese, giunto al suo quinto album da solista uscito a giugno 2022 per New Model Label.

Wild Silence è il titolo del suo nuovo album composto da 12 brani e dal carattere fortemente blues, non solo per sound ma soprattutto per attitudine, testi e legami profondi con i propri vissuti personali.

Un disco che arriva immediatamente per genuinità fin dal primo ascolto, grazie a una voce particolarmente avvolgente e dall’accento che richiama i migliori cantanti country americani, accompagnata da melodie spesso cullanti e morbide, ballad che richiamano l’immaginario di paesaggi estesi all’orizzonte e riflessioni intime.

Un album da ascoltare la sera, nell’autunno che sta arrivando e che porta con sé la piena maturità. (La redazione)

Intervista a Marco Bonvicini © di Redazione

Marco Bonvicini (press photo)

Abbiamo apprezzato molto il sound di questo album. Abbiamo sentito ambientazioni sonore molto calde che da subito stimolano narrazioni e immagini, ci racconti come nascono musicalmente e come componi i tuoi brani?

Intanto grazie per l’apprezzamento. Tutte le musiche e le melodie di Wild Silence sono figlie delle emozioni di momenti particolari, di esperienze vissute durante il lockdown e la pandemia. Frutto degli stati d’animo vissuti nel 2020 ho voluto raccontare in musica e parole c’è che volevo raccontare e comunicare. Nel maggior parte dei casi i miei brani nascono musicalmente e quando trovo l’armonia che mi ispira ci canto sopra… se ho già parole senza musica bene, altrimenti il testo spesso mi viene da scriverlo dopo. Quando ho un argomento particolare che voglio descrivere o raccontare allora il testo nasce da solo e la musica viene di conseguenza, ispirata dalla stesso stato d’animo. Questo, per esempio, è proprio il caso di Wild Silence, il brano.

Nell’album ci sono diversi strumentali, da dove provengono e cosa rappresentano? Sono forse storie nascoste, emozioni non celate totalmente, colonne sonore per pensieri profondi o qualcos’altro?

Pur essendo principalmente un cantante ho sempre considerato il brano strumentale alla pari del brano cantato perché ogni musica ha qualcosa da raccontare, come “i panorami che non hanno bisogno di spiegazioni per essere apprezzati”. In questo caso specifico i brani strumentali contenuti nel disco sono cartoline, fotografie di momenti specifici, che sono musicalmente nati nel preciso attimo in cui li vivevo con lo strumento in mano. Sono la rappresentazione del sentimento che stavo provando.

L’album è stato scritto durante il periodo del lockdown e della pandemia, originato dalle sensazioni e dalle esperienze che hai vissuto. Ascoltandolo ora che siamo tornati a una parvenza di normalità, cosa ti trasmette personalmente e cosa ti aspetti che possa trasmettere a chi lo ascolterà?

Personalmente provo ancora, per alcuni brani specifici come My Skin, Ballad of the Sea e Roses & Wine, le stesse sensazioni dei momenti in cui le componevo e questo mi da soddisfazione perché vuol dire che tutto torna e funziona. L’obiettivo di Wild Silence è quello che poter trasmettere alla gente la mia esperienza. Ognuno di noi ha vissuto qualcosa di suo in questi anni difficili, ed ognuno di noi ha il suo modo per raccontarlo agli altri. Io, come sempre, scelgo di scrivere canzoni per comunicare e trasmettere ciò agli altri.

Una domanda che facciamo spesso ai cantautori che intervistiamo è quella del proprio ruolo nel panorama attuale sia sociale che del mercato musicale, come ti senti in questo contesto e cosa è per te fondamentale nel fare musica?

Sinceramente non mi sono mai visto come un punto di riferimento sociale e musicale troppo importante, mi piace rimanere umile, ma allo stesso tempo ritengo che ognuno possa farne parte riempiendo il giusto spazio purché si sia personali. Ecco, a me piace pensare che, sia nel sociale che nel musicale, io possa avere il mio giusto spazio, o lo spazio giusto, per poter far apparire la mia personalità senza troppe etichette. Il mio “fare musica” nasce dall’esigenza di esprimere ciò che provo dentro, di esternare, in musica e parole, le mie emozioni. La musica per me è il mio modo di comunicare col mondo esterno, come se fosse un traduttore universale. Non riesco a pensare di smettere di comporre, di scrivere, di essere me stesso.

Vorremmo chiederti di più sulla traccia numero 8, “Someone out There”, la nostra preferita, tra identità blues e messaggio di speranza, di vita ancora da esplorare, ci puoi raccontare un po’ di più di questo brano e del suo messaggio?

È un brano nato quasi per gioco e che sta riscuotendo molto successo. La dimensione blues rende molto l’idea intimistica nella quale la canzone si coccola. La storia del brano nasce per raccontare proprio l’idea e la speranza che, oltre alle mura di casa mia, fuori ci fosse qualcuno che, come me, avesse voglia di vivere, di scoprirsi nuovamente e di trovare il lato positivo tra tutto quello che stava succedendo in quel momento.

Cosa vorresti sperimentare o dire ancora con la tua musica, hai nuove prospettive da percorrere?

Effettivamente sì! Wild Silence non era un disco “programmato”, è nato quasi per esigenza ma grazie a questo ho potuto crescere e sviluppare nuove cose, anche perché l’ho suonato praticamente tutto io nel mio studio casalingo. Per il futuro ho già materiale su cui sono pronto a lavorare e sperimentare. Non ho mai apprezzato la monotonia ed anche quando produco dischi cerco sempre di pensare agli arrangiamenti con occhi nuovi e diversi, per cercare di personalizzare ogni produzione discografica.

(Articolo coperto da copyright. Per informazioni, contattare l’editore di questo blog.)

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