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Tom Russell – Mesabi (2011)

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Tom Russell da tempo occupa un posto di rilievo nell’eletta schiera di oscuri (ai più) eppur straordinari outsider che trovano dimora nei nostri cuori. I suoi pezzi sono stati incisi da artisti che rispondono ai nomi, tra gli altri, di Johnny Cash, Dave Van Ronk, Jerry Jeff Walker, Doug Sahm, Joe Ely, Nanci Griffith, Iris Dement e Ramblin’ Jack Elliott. Perfino Lawrence Ferlinghetti, il leggendario poeta della Beat Generation ha detto di condividere con Russell una grande affinità elettiva perché egli “parla del cuore ferito dell’America”. E Tom riconferma la sua vena genuina e autenticamente rassicurante, ai massimi livelli del suo portfolio espressivo, con “Mesabi” (26° album dell’artista) a due anni di distanza da “Blood And Candle Smoke“. Qualche discontinuità, qualche momento interlocutorio e meno ispirato, inficiano parzialmente la grande qualità dei momenti migliori del disco, e fanno si che il lavoro si collochi un gradino al di sotto del precedente, che conteneva una serie di brani splendidi, pur dando a questo una qual continuità. Il consolidato sound acustico, raffinato e rarefatto che aveva contraddistinto i suoi lavori precedenti qui cede il passo una un abbrivio folk-rock-ballad più classico e più corposo, venato di variegate influenze tex-mex, con la consueta e inconfondibile collaborazione a supporto dei Calexico. Qui Tom è maggiormente concentrato a raccontare storie, anche frutto di memorie personali, come fa nella title-track parlando di sé, di quell’adolescente la cui formazione è passata attraverso l’ascolto dei brani di artisti come Howlin’ Wolf, Boddy Holly e Richie Valens, mentre “When the Legends Die” ha sapori autobiografici. Gli altri brani sono ricchi di citazioni e di riferimenti cinematografici: “Farewell Never Never Land” è una ballata elettrica che ‘racconta’ l’anonima esistenza cui è stato condannato dall’oblio Bobby Driscoll, la voce del “Peter Pan” disneyniano, morto a soli 31 anni, “Sterling Hayden” è dedicata all’attore di “Johnny Guitar”, “Giungla d’asfalto” e “Novecento”, a suo tempo vittima del maccartismo, “The Lonesome Death Of Ukulele Ike” è un tributo a Cliff Edwards, il suonatore di ukulele autore di “Singin’ In The Rain”, mentre “Furious Love (For Liz)”, dominata dal suono d’un violino, è un ricordo della Taylor, e “A Land Called Way Out There” invece di James Dean. Poi due ballate, la incantevole “When The Legends Die”, arricchita da un aire dal sapore soul, e “Heart Within A Heart“, entrambe magnifiche ed entrambe caratterizzate dalla presenza di Van Dyke Parks al piano (ma anche Augie Meyers è della partita). Le venature tex-mex riguardano “And God Created Border Towns“, tipico valzer messicano, la balata “Goodnight, Juarez“, con il fidato Gretchen Peters quale backing vocalist, quindi “Jai Alai“, un’affascinante flamenco, splendida sorpresa dell’album. Sorprendente è anche la nuova versione offerta (chitarra e voce) da Russell di un suo brano presente in “The Man From God Knows Where“, “Love Abides“, per molti versi addirittura superiore all’originale. Due le bonus-track: una magistrale e personalissima (9’ di durata) cover-omaggio al suo mentore Bob Dylan, “A Hard Rain’s A-Gonna Fall”, che si avvale del sostegno della voce calda e intensa di Lucinda Williams, e “The Road To Nowhere” tratta dalla colonna sonora (di cui è stato artefice Russell nel 2010) del noir omonimo firmato da Monte Hellman, vecchia gloria del cinema indipendente americano dei ’60 e ’70, amico di Peckinpah e molto apprezzato da Tarantino. Anche “Roll The Credits, Johnny” è stato estrapolato dallo stesso soundtrack. (Luigi Lozzi)

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