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The Black Crowes – Amorica (1994)

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La copertina mette subito voglia, come dire… di “scoprirlo”, il terzo album in studio dei Black Crowes. Amorica. è disco destinato a scontentare i fan. A dimostrazione che se i Black Crowes sono dei conservatori, il loro pubblico lo è ancora di più. Nonostante la rapidità con cui viene registrato, Amorica sfoggia infatti il tentativo di emanciparsi dalla formula dei due dischi precedenti cercando formule più elaborate e concettuali messe in mostra sin dall’iniziale Gone, dove il riff di chitarra (elemento portante dello stile della band) viene di fatto sbriciolato e ridotto ad una presenza virtuale. E se A conspiracy riporta apparentemente il bilico sul classico assetto del gruppo grazie alla voce sempre carica di umori soul di Rich Robinson (ma anche qui si evidenzia un lavoro di chitarre che tende a sfuggire, senza rinnegarli, dai modelli stilistici abituali), il taglio cubano (spezzato dal riff granitico dell’ inciso) di High Head Blues torna a ravvivare il gusto per nuove contaminazioni (Santana?) che verranno sviluppate anni dopo nei dischi solisti del leader. Al quarto pezzo i Black Crowes infilano la solita ballatona piena di umori Lynyrd+Cocker+Burrito+Faces+Stones cui ci hanno ri-educati sin da Shake Your Money Maker e che non cesseranno mai di esibire lungo la loro lunghissima carriera. Sei minuti di dolcezza e livore chitarristico che inumidiscono di umori vaginali il pelo pubico mostrato in copertina. Il lato più rurale del suono dei Crowes trabocca invece da pezzi come Nonfiction e Downtown Money Waster, briciole cadute dalla tavola di Beggars Banquet, polvere blues scivolate nella fogna assieme alle bustine di coca buttate nei gabinetti di Main Street. Più ordinariamente “easy” sono invece Ballad in urgency, Wiser Time e Descending, dove tornano ad emergere i cliché del suono Crowes nella loro veste più ammiccante e puttana. Quella che rassicura tutti, detrattori compresi. (Franco Dimauro)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 25 Febbraio 2013

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