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Recensione: Queens of The Stone Age – Songs for the deaf (2002)

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Per il terzo album i Queens of The Stone Age sfoderano la loro migliore line-up di sempre: Josh Homme, Nick Oliveri, Mark Lanegan e Dave Grohl costituiscono la robusto ossatura del gruppo, col solito corollario di collaboratori che va da Chris Goss a Natasha Shneider e i cameo di Casey Chaos degli Amen e Lux Interior dei Cramps. Quello che ne esce è, ovviamente, il loro capolavoro. Un album pensato come disco da viaggio, per coprire le 168 miglia che separano Los Angeles dal parco di Joshua Tree riascoltando per tre volte di fila le canzoni che ci sono dentro. Songs for the deaf è un album parossisticamente schizofrenico, capace di toccare vertici di follia metal-core (le You Think I Ain’t Worth a Dollar, But I Feel Like a Millionaire e Six Shooter urlate da Oliveri con le dita affondate nella trachea) e fondali lagunari di dolcezza acustica (la Mosquito Song solcata da un bell’arpeggio di chitarra flamenco). Tra questi due estremi fluttuano alcune delle più belle cose mai scritte e suonate dai QOTSA. Dalla No one knows che scolpisce il bassorilievo di Cold Sore Superstar dentro un monolite di granito a colpi di scure e di clavi, con la chitarra inesorabile di Homme, il basso rantolante di Nick Oliveri e il drumming di Dave Grohl possente come non mai alla melma grungedelica di Hangin’ Tree con la voce di Mark Lanegan che cola come resina dalle pale spinose di un cactus del deserto passando per le meccaniche di First it giveth e A song for the dead, per il pop di Go with the flow e Gonna leave you, il blues di God is on the radio, il sixties-sound di Another love song (e, per il pubblico inglese e giapponese, della cover del classico beat Everybody‘s gonna be happy dei Kinks) e per il compressore kyussiano della lunga A song for the deaf dove tutto assume i contorni spaventosi di una doomedelia abissale che si sposta tra profili sabbathiani e aperture memori dell’hard-rock malinconico degli Screaming Trees. Disordine e stupore. Quando già si era detto tutto e sembrava non ci fosse più nulla da dire, la Bestia partoriva pensieri mostruosi. (Franco Dimauro)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 8 Febbraio 2014

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