Marco Cantini – La febbre incendiaria, 2019 | Recensione

Marco Cantini - La febbre incendiaria, 2019
Da RadiciMusic Records di Aldo Coppola Neri ecco il secondo disco di Marco Cantini dal titolo La febbre incendiaria: un album altamente curato nell’estetica, dalla scelta della carta alla grafica, con questo booklet di opere pittoriche a firma di Massimo Cantini (padre dell’artista).

In questo nuovo lavoro ritroviamo il suono magistrale prodotto da Gianfilippo Boni con la direzione artistica (di nuovo) di Francesco Moneti, primo chitarrista dei Negrita e dei Modena City Ramblers, e (new entry) del compositore e sassofonista Claudio Giovagnoli dei mitici Funk Off.

Questa volta sono poche le sovraincisioni ma il grosso del lavoro che ascolto è frutto di registrazioni in presa diretta in studio. Davvero un valore aggiunto notevole direi.

Marco Cantini sin dal suo disco esordio, Siamo noi quelli che aspettavamo, ci aveva abituati a canzoni per niente scontate nella forma e a testi che, se da un parte non si proponevano di fare alta filosofia, dall’altra neanche si svendevano in banalità estetiche, tra rime forzate e cliché di sano pop.

Questo nuovo lavoro è narrativa (de)cantata visto che, in 14 inediti, il cantautore toscano analizza il famoso romanzo di Elsa Morante intitolato “La Storia”. Scorrevoli ballate con questi violini di Moneti che ne danno un gusto irish e popolaresco come la bellissima L’orrore o la scena strumentale nel momento solistico di Ida in lotta: bel sound equilibrato, belle vedute ampie di antichi scenari e dolcissima quiete.

Ma Cantini e compagni lasciano anche spazio a diverse soluzioni per gli arrangiamenti trasgredendo alle ricette della tradizionale canzone d’autore. E infatti troviamo del reggae di stagione nel brano Manonera dove la fisarmonica svela anche contorni latini. E lo ska che un poco si fa balcanico nei fiati di L’anarchia oppure i boschi di vecchie leggende nei flauti che introducono e accompagnano lo scorrere di Anaciclosi.

E il rock pacato un poco industriale di Ceteri desunt che si contrappone al tex mex di Classe operaia, un po’ andante come la più famosa Il bandito e il campione di Luigi Grechi.

A chi non lo conosce l’invito è di ascoltare con dedizione il lavoro di Marco Cantini che, in questo disco prezioso, ci mostra la seconda guerra mondiale narrata da Elsa Morante attraverso 14 canzoni di un suono pregiato e di una prestigiosa dolcezza cantautorale. (Alessandro Riva)

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