Mdou Moctar reinterpreta il suo potente album Funeral for Justice con Tears of Injustice, una versione acustica che trasforma l’indignazione in malinconia profonda. Un’opera che riflette la crisi del Niger e si fa portavoce della resistenza culturale Tuareg attraverso suoni autentici.
Mdou Moctar (press photo)
Mdou Moctar è senza dubbio uno degli artisti più innovativi della musica contemporanea del Sahara. Con le sue interpretazioni non convenzionali della chitarra Tuareg, è riuscito a ritagliarsi un posto di rilievo in una scena musicale molto affollata. Il suo stile si distingue per l’energia frenetica e travolgente, capace di mettere in ombra anche i suoi contemporanei. Il suo nuovo album, Tears of Injustice, è una reinterpretazione acustica di Funeral for Justice, e rappresenta una trasformazione profonda del suono che ha conquistato la critica.
Se Funeral for Justice rappresentava un’esplosione di rabbia, Tears of Injustice è il suono del lutto. Questo album è una versione completamente rielaborata del precedente, ma con strumenti acustici e tradizionali, che ne modificano radicalmente il carattere. Si tratta di un’evoluzione naturale del suono di Mdou Moctar e della sua band, che si presenta come una riflessione meditativa e intima rispetto all’originale, dove l’intensità e la velocità delle esecuzioni elettriche vengono sostituite da una più profonda, ma altrettanto potente, tristezza.
Nel luglio del 2023, Mdou Moctar si trovava in tour negli Stati Uniti quando, improvvisamente, il presidente del Niger, Mohamed Bazoum, è stato deposto da un colpo di stato militare. Questo evento ha avuto ripercussioni dirette sui membri della band, che si sono trovati bloccati negli Stati Uniti, incapaci di tornare a casa a causa della chiusura delle frontiere del Niger. Durante questo periodo, l’idea di registrare una versione acustica di Funeral for Justice è diventata una priorità, non solo per portare a termine il progetto, ma anche per rispondere alla situazione politica che stava vivendo la loro terra natale. Due giorni dopo aver concluso il tour a New York, la band ha iniziato a registrare Tears of Injustice presso il Bunker Studio, con il produttore e ingegnere del suono Seth Manchester.
L’approccio alla registrazione di Tears of Injustice è stato decisamente spontaneo. La band ha scelto di suonare insieme nella stessa stanza, mantenendo l’atmosfera rilassata e naturale. Non sono stati pianificati dettagli complessi per gli arrangiamenti; il gruppo si è semplicemente concentrato sul trovare il giusto feeling e suonare il brano nel modo più autentico possibile. Questo approccio ha permesso di creare un suono immediato e genuino, che ha catturato l’essenza della band in modo più diretto e crudo. La registrazione è stata completata in soli due giorni, con una traccia di otto minuti di “Imouhar” che, in realtà, è composta da due take distinti, registrati consecutivamente senza interruzioni.
Mentre Funeral for Justice esprimeva chiaramente l’indignazione nei confronti delle difficoltà del Niger e del popolo Tuareg, Tears of Injustice mantiene quella stessa intensità, ma senza l’ausilio dell’amplificazione. La musica diventa ancora più profonda, immergendosi in un dolore collettivo che riflette la tristezza di un popolo intrappolato in un ciclo incessante di povertà, sfruttamento coloniale e turbolenze politiche. La versione acustica delle canzoni conserva il peso emotivo dell’originale, ma lo trasforma in una melodia più melanconica, che colpisce per la sua essenzialità e la sua capacità di evocare un senso di lutto.
La scelta di utilizzare strumenti acustici per comporre e registrare le canzoni nasce direttamente dalla pratica di Mdou Moctar, che scrive i suoi brani utilizzando principalmente la chitarra acustica. Questo approccio permette agli ascoltatori di entrare più a fondo nel momento creativo dell’artista, avvicinandosi al suo processo originale e lasciando emergere un lato più intimo e riflessivo della sua musica. Come spiegato dal produttore Mikey Coltun, l’intento era di dimostrare che la band poteva esprimere lo stesso impatto emotivo anche attraverso un set acustico, un desiderio che si è concretizzato in Tears of Injustice.
Tears of Injustice non è solo un album, ma un atto di resistenza culturale e politica. La musica Tuareg, in questa forma pura e ridotta, diventa un potente mezzo di protesta, un grido di dolore che attraversa le generazioni. Attraverso questo album, Mdou Moctar non solo riafferma la sua rilevanza come innovatore musicale, ma dà anche voce alle difficoltà politiche e sociali del suo popolo, creando un legame diretto e immediato con chi ascolta. (La redazione)
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