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Golpe, l’album d’esordio delle Danso Key

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Golpe è un disco d’esordio, l’esordio delle Danso Key: tre giovani donne che hanno dato alle stampe il loro primo album nella Giornata Mondiale della Donna appena trascorsa. E il disco è inquieto e combattivo sin dal titolo. Nelle nove tracce che compongono Golpe le Danso Key – al secolo Eli Nancy Natali, Elisa Abela e Stella Veloce – attraversano, sfiorano, inciampano in diversi generi musicali, dall’alternative rock al noise pop. Pur non utilizzando campionatori, la loro musica ha il suono acidulo dell’elettronica, mentre l’inconsueta formazione, caratterizzata dall’assenza del basso e dall’accostamento di violoncello elettrico e chitarra, rafforza sensibilmente le frequenze più “spigolose”. Nella composizione i brani sono abbozzati da Eli, autrice anche dei testi, e poi compiuti – ovvero montati e arrangiati – dall’intero trio. Le tre componenti del gruppo hanno formazioni diversissime: prima di incontrarsi Eli suonava un pop cantautorale alla Ani Di Franco, Elisa girava il mondo come chitarrista di Joe Lally – Fugazi – (mentre nelle Danso Key lei è la batterista) e Stella è una violoncellista diplomata, concertista dedita alla sperimentazione classica contemporanea, smaniosa di sporcare le impalcature musicali troppo ben costruite. È lei, col suo modo un po’ bestiale di suonare uno strumento atipico per il rock, l’elemento caratterizzante del gruppo; musicalmente è lei il punto di unione fra le altre due. Quando Eli, Elisa e Stella si sono incontrate per la prima volta, si sono piaciute senza capirsi, si sono scambiate gli ipod per conoscersi meglio ma – ammettono loro stesse ridacchiando – “è stata una sofferenza”. Commentando la diversità costituzionale della loro musica, Elisa afferma sicura e sincera: “è questo che mi piace, mi interessa di più: quando iniziamo a suonare insieme non so mai dove andremo a parare!”. Nelle atmosfere cupe e contorte che attraversano il disco come una nebbia sottile, le dissonanze sono un gancio, un appiglio, un indizio di ciò che sta accadendo – nel testo come nella musica: preannunciano un cambio o sottolineano un accadimento che le parole non possono – o non sanno –spiegare. Estremamente affiatate tra loro, le Danso Key si affacciano sull’abisso in cerca di una luce, si acquattano nell’angolo più buio per familiarizzare con l’uomo nero. Eli ha una voce lasciva, magnetica, languida, sensuale, un timbro che ricorda in modo sorprendente quello di Siouxsie Sioux (cantante e autrice dei Siouxsie and the Banshees) e i temi trattati e le storie narrate scivolano senza attrito in quelle modulazioni vocali: narrano l’ansia dell’essere stabilmente in bilico tra un lavoro temporaneo e l’altro, costantemente sfruttate e sottopagate (“we are flexible working women”, “I crumble into anxious sleep”) in Turn-Over-Turn; narrano il disagio nel rapportarsi al proprio passato, il non volersi riconoscere nelle scelte, nelle azioni che si sono compiute in Clean. Sono domande sui sentimenti: quando un nostro sentimento è autentico? Se lo è, se ne siamo così certi, perché allora poco dopo lo guardiamo dissolversi senza crear fratture (J’enlace)? Come si possono vivere più amori se in quella scommessa c’è la possibilità di perdere ciò che già conosciamo sinché quell’amore non distrugge la coppia (“The Polyamorous God/That […] destroy our couple/ […] that killed my wife”) (Polyamorous God)? Sono domande sulla bellezza nelle cose e nelle azioni (Flowers) o sulla seduzione del dolore, come insinuato nell’unica cover del disco, You look like rain. Lady in me è il pezzo più fresco del disco, apre una finestra sul loro mondo, un mondo sostanzialmente femminile, dove si è liberi di scegliere altre vie rispetto a quelle codificate dalla società; attraversa il codice binario dei generi Maschio/Femmina in maniera fluida, non discontinua. I testi sono in inglese e francese: la prima è la madrelingua di Eli, la lingua imparata da sua madre; ha iniziato a parlare l’italiano più di recente e quei testi, detti in italiano, suonavano improvvisamente verbosi e poco incisivi. Anche questo oscillare tra le lingue contribuisce a conferire al progetto musicale globale di Golpe quel sapore di instabilità e precarietà che coglie e spiazza l’ascoltatore. Eppure il disco nel suo complesso è avvolto da un senso di bellezza – sia pure non convenzionale. Quel senso generoso di bellezza che ha posto Elisa nella scelta delle fotografie utilizzate per il booklet: foto degli anni Cinquanta che ritraggono donne sorridenti in situazioni quotidiane e ordinarie. Nulla di autoreferenziale, nulla di auto celebrativo, solo il piacere di mettere in circolazione il bello, qualunque ne sia la provenienza. (Fonte: Viceversa Records)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 15 Marzo 2013

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