La cumbia, nata in Colombia dall’incontro tra culture africane, indigene e spagnole, ha trasformato un rito di resistenza in un genere musicale universale. Oggi vive nuove forme grazie a contaminazioni con pop ed elettronica, rimanendo simbolo di identità e linguaggio di festa in America Latina e oltre.
Cumbia (pixabay)
La cumbia è una delle espressioni musicali e danzanti più rappresentative della Colombia. Nata in un contesto multiculturale segnato dall’incontro tra popolazioni indigene, africane e spagnole, ha attraversato secoli di trasformazioni, mantenendo vivo il suo legame con la tradizione popolare.
L’etimologia della parola “cumbia” è stata oggetto di studi da parte di linguisti e musicologi. Una delle ipotesi più diffuse la collega al termine “cumbé”, di origine bantu, che in Africa indicava una danza e un tipo di tamburo. Secondo il musicologo Narciso Garay, il termine deriverebbe dal lessico coloniale spagnolo, dove “cumbé” veniva descritto come ballo degli schiavi africani. Questa interpretazione è sostenuta anche dall’antropologa Delia Zapata Olivella e dal musicologo Guillermo Carbó Ronderos, che richiamano le danze tradizionali della Guinea Equatoriale. L’etnologo cubano Fernando Ortiz Fernández ha inoltre individuato corrispondenze tra le voci “kumba”, “kumbé” e “kumbí”, presenti nelle Antille, tutte legate al concetto di ritmo e movimento.
La forma originaria della cumbia, chiamata “cumbiamba”, era una danza collettiva praticata dagli schiavi africani. Si svolgeva attorno a un falò, con canti e movimenti in cerchio, ed era vissuta come momento di libertà e aggregazione. Questo rito rappresentava la possibilità di preservare usi e tradizioni africane, offrendo una valvola di sfogo in un contesto di oppressione.
Con l’abolizione della schiavitù, le comunità afrocolombiane portarono la cumbiamba nei villaggi costieri dell’Atlantico. In questo ambiente il ballo si trasformò in una danza di coppia. L’uomo e la donna mettevano in scena un gioco di corteggiamento fatto di movimenti sinuosi e gesti simbolici. La cumbia divenne così espressione di identità popolare, capace di unire radici africane, indigene e spagnole.
Nel Novecento la cumbia assunse una nuova dimensione musicale. L’influenza spagnola introdusse cori e voci soliste, rendendola più adatta agli spazi urbani. Località come Cartagena, Santa Marta e Barranquilla furono centri fondamentali per la sua diffusione. Con la radio e la televisione, la cumbia superò i confini colombiani e si impose come genere amato in tutta l’America Latina.
Il processo di trasformazione non si è fermato. In Argentina nacque la cumbia villera, caratterizzata da testi sociali e sonorità commerciali. In seguito si sviluppò la cumbia rap, che unisce il ritmo tradizionale al linguaggio urbano del rap. Oggi esistono contaminazioni con pop ed elettronica, che mantengono la cumbia attuale e in grado di coinvolgere nuove generazioni.
La cumbia rappresenta molto più di un semplice genere musicale. È un simbolo di resistenza culturale e identitaria per le comunità afrocolombiane e un ponte tra culture differenti. Nata in un contesto di dolore e oppressione, si è trasformata in un linguaggio universale di festa e socialità, che continua a unire persone e tradizioni attorno a un ritmo senza tempo.
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