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Recensione: Ale Ruspini – Alevation (2016)

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Un disco antico, di un clichet che oggi non riesce più ad andare di moda e che magistralmente i grandi potenti media del mainstream ancora cercano di imporre nelle radio e nelle televisioni, ma contro hanno un’Italia che del pop canonico, industriale e di copertina, si è quasi stufato. Quasi, anche se poi il Festival Sanremo fa sempre i suoi milioni di ascoltatori. Il disco di Ale Ruspini è tutto questo.

Si intitola Alevation, giocando simpaticamente con una crasi tra le parole “Ale” ed “Elevation”. Sono 12 tracce, 12 canzoni d’amore, 12 canzoni di vita, 12 spaccati personali. Sono ballate che vogliono somigliare al rock ma hanno troppa elettronica a click per riuscirvi, troppe strutture strofa-ritornello-strofa-ritornello-special per esserlo, troppe scelte mediatiche patinate per accaparrarsi il beneplacito della giuria popolare (e qui punto il dito specialmente al singolo Masterscef che sfrutta un canale iper-inflazionato oggi in TV per raccontare la vita, cosa assai scontata direi). Di contro, e va sottolineato come si deve, se è proprio questo il target e l’intento discografico del Nostro (cosa peraltro assolutamente condivisibile e non condannabile) sia chiaro che è stato inseguito con stile, gusto e con il mestiere che ci vuole. Tanti ci provano e, forti delle facili tecnologie in uso, si producono in vere baracconate, fallendo però miseramente.

Ale Ruspini in definitiva ha fatto un bel disco di pop italiano, senza se e senza ma. Il fallimento (tale che sia nel momento in cui la propria faccia non è in copertina sui maggiori rotocalchi italiani) non è causa di un prodotto cattivo ma di un sistema informativo e musicale ormai davvero discutibile di cui, con altrettanta inflazionata banalità, tutti lamentiamo e tutti denunciamo. Alevation di sicuro non cade tra le mie corde, ma onore al merito di un lavoro ben fatto, pulito, solido e sicuramente maturo. Per il resto, ahimè, sono formule troppo, davvero troppo sentite da tantissimi artisti (o presunti tali) in attività. Come dire: l’originalità non è un obbligo, però… (Alessandro Riva)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 10 Giugno 2016

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