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Peter Karp and Sue Foley – Beyond The Crossroads (2012)


Dopo l’incoraggiante “He Said – She Said” su etichetta Dixiefrog Records, disco del 2010 che aveva dato inizio alla collaborazione tra Sue Foley e Peter Karp, ed era stato accolto con entusiasmo dalla critica specializzata, ecco un lavoro che si pone come naturale prosecuzione di un progetto che si fa forte della reciproca soddisfazione di entrambi. L’intesa tra i due musicisti blues si è perfezionata e proprio nella complementarità dei loro contributi sta la bontà del loro effort musicale. Il blues è musica stentorea, (apparentemente) sempre uguale a se stessa, eppure (l’unica) capace di far vibrare sempre di rinnovato ardore le corde emotive di chi la suona e di chi l’ascolta. Un rock blues ad alto voltaggio, le slide guitar che suonano furiosamente, un piano boogie, che nel contesto non guasta mai, sono il marchio di fabbrica del duo di cantanti-songwriter e chitarristi. Il precedente album aveva scalato le classifiche Blues di Bilboard e per sei settimane aveva stazionato al 1° posto in una chart specializzata del genere. Peter Karp, formatosi alla scuola del sud degli States (Alabama) e in egual misura nell’area del New Jersey, assembla nella giusta contrapposizione il ribellismo di certo idioma rock con i canoni più acclarati del blues (Freddie King e Elmore James i suoi maestri dichiarati) ma ha anche trascorsi come songwriter nello stile di un John Hiatt o di John Prine. La canadese Sue Foley è da tempo considerata una più accreditate e raffinate interpreti di blues al femminile, nonché songwriter, trovando poco più che ventenne dimora stabile ad Austin, Texas, là dove incideva ben presto per la leggendaria Antone’s Records e si esibiva con artisti del calibro di BB King, Buddy Guy e Tom Petty, sempre accompagnandosi alla fida Telecaster. L’incontro tra i due è avvenuto in maniera del tutto casuale, ma l’unità d’intenti intorno ad una concezione condivisa sugli artisti nomadi che si muovono ‘on the road’ li ha ben presto accomunati nell’idea di incidere un disco insieme. E niente di meglio del territorio comune del blues poteva esprimere questo spirito. Una partnership dinamica a livello di composizioni e di musica, e complementare. Testi assai ispirati che sono (questa è una curiosità) il risultato creativo e di sintesi del lungo epistolario (via e-mail) che Peter e Sue si sono reciprocamente scambiati. La gioiosa “We’re Gonna Make It” in apertura è un ‘upbeat shuffle’ dalle influenze soul ben incisive grazie al contributo di una sostanziosa sezione fiati (4 elementi, la title track è una sorta di gospel che Karp conduce alle tastiere e alla slide, mentre “Fine Love” ha un impatto più swamp, “At the Same Time” ci conduce dalle parti di New Orleans e “More Than I Bargained For” ha l’immediatezza del R&B, “Blowin’” rallenta i ritmi in favore di un sentimentalismo bluesy di maniera, “Chance of Rain” ha incedere da folk blues acustico, in chiusura “You’ve Got a Problem” si scioglie in uno sfrenato boogie-woogie suonato al pianoforte da Karp. In alcuni brani prende il proscenio l’uno, in altri la controparte, nei restanti duettano con raffinata intesa. Sulla loro lunghezza d’onda si piazzano a supporto Mike Catapano alla batteria più Niles Terrat al basso, ed un gruppo di fedeli amici qua e là chiamati in causa. Sue nel suo vocalismo ha un piglio alla Bonnie Raitt e qualche volta vira dalle parti di Edie Brickell o Shawn Colvin. C’è un approccio positivo alla materia, il groove è solido ed appassionato, possiamo perfino parlare di moderno blues, che guarda avanti; il blues – sappiamo bene – resta legato ad alcuni cliché ma è proprio in questi meccanismi che conserva tutta la sua fascinazione. Quando intervengono elementi di novità, pur nel solco della tradizione, sono sempre i benvenuti. Un album eccellente e per molti versi sorprendente, alla luce di quella ripetitività che talvolta si palesa nelle dinamiche del blues, e a cui abbiamo fatto cenno, ma da non sottovalutare considerandolo semplicemente un lavoro di routine. (Luigi Lozzi)


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