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Recensione: Cat Power – The Greatest (2006)

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Eh sì, questa volta Chan Marshall (alias Cat Power) mi ha davvero stregato. Non tanto per quella innegabile e smisurata bellezza capace di rapire il cuore anche del più imperturbabile dei dongiovanni, quanto invece per quell’intimità, quella mitezza e quel travagliato lirismo (Hate e Where Is My Love) che la cantautrice americana è riuscita a racchiudere con apparente tranquillità dentro quest’ultimo lavoro, The Greatest.[1] Un album più accessibile e meno spigoloso dei dischi precedenti che, tuttavia, rivela la fragilità e la disperazione di un’artista alla ricerca di un nuovo equilibrio. Un equilibrio che qui sembra essere ritrovato, almeno musicalmente, e da cui scaturiscono dodici tracce dalle essenze soul/country (Could We, Willie, Empty Shell e Island) che vanno dritte al muscolo cardiaco; piccoli tasselli di una “complessa omogeneità” che riescono a incastonarsi all’interno di lievi aritmie jazz (Lived In Bars) mettendo in luce brani dalle atmosfere pop/folk (The Greatest), dai tepori blues (After It All) e persino dalle fisicità rock (Love & Communication). Un lavoro estremamente godibile che, oltretutto, trova il supporto di alcuni super musicisti come, per esempio, Mabon Lewis “Teenie” Hodges, Leroy “Flick” Hodges, Steve Potts e Dave Smith. Ecco quindi che con un titolo altezzoso (“Il/La più grande”) e con una copertina fucsia (colore dell’affermazione e dell’individualità), Cat Power non esita a intraprendere una “nuova strada” consegnandoci, dopo due meraviglie quali Moon Pix del 1998 e You Are Free del 2003, un altro grande disco dove musicalità e scrittura trascendono il dolore e le sconfitte della vita. (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata su ML – n. 36 del 4 settembre 2006


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 29 Dicembre 2013

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