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The Smithereens – A Date with the Smithereens, 1994 | Recensione

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Nel 1994, in una delle (poche) interviste rilasciate per la promozione di A Date with the Smithereens, un Pat DiNizio palesemente risentito, dichiarò che il rock ‘n’ roll era finito e che la sua era forse l’unica rock ‘n’ roll band che continuava ad incidere dischi.

Il risentimento era dovuto in larga parte all’attenzione rivolta da critica e pubblico al fenomeno grunge che aveva lasciato fuori dal cono di luce molte band “storiche”, come la sua. Uno scivolone terribile di cui avrebbe parlato ancora, con identico rancore, su Sick of Seattle.

La cosa curiosa è che Kurt Cobain aveva dichiarato che, durante la creazione di quello che del grunge sarebbe diventata l’icona insuperabile e del cui produttore DiNizio aveva inizialmente chiesto i servigi proprio per questo disco, le sue orecchie erano in buona parte occupate dall’ascolto di Especially for You, il disco d’esordio della band di DiNizio. Insomma, non proprio dei simpaticoni DiNizio & Co.

Ovviamente gli Smithereens non erano gli unici reduci rimasti in circolazione durante la sbornia grunge. E non erano neppure tra i migliori. In ogni caso, quando i riflettori sarebbero tornati a far luce su quello che c’era oltre Seattle, gli Smithereens si sarebbero limitati a diventare un gruppo-parodia, senza alcuna idea se non quella folle e megalomane di cimentarsi con le canzoni dei Beatles, con le canzoni di Santa Claus o di riproporre per intero il Tommy degli Who.

A Date with the Smithereens dal canto suo pensava di fronteggiare la piena del grunge con un set di canzoni non proprio brillanti. Lo smalto power-pop degli anni Ottanta era soffocato dentro il tentativo di irrobustire leggermente il suono, opacizzando la brillantezza degli infissi. Il tentativo fallì miseramente, portando alla rottura con la RCA che pure aveva concesso agli Smithereens l’onore di ospitare per un paio di brani (Point of No Return e Long Way Back Again) la chitarra di Lou Reed.

Eppure, a ben vedere, le ambizioni di DiNizio non erano del tutto mal riposte, siccome i Lemonheads avrebbero spopolato ovunque e contemporaneamente in pratica con la stessa ricetta: canzoni melodicamente appese alle grucce di Tom Petty, accigliate ma senza mai scavallare nella malinconia o nel pessimismo fine a se stesso.

A Date with the Smithereens è un plaid da tirarsi sulle gambe nei pigri pomeriggi di primavera, quando il sole tarda ancora a scaldare i tetti ma promette estati sfavillanti. E noi gli crediamo. Perché ci piace credere sia così. (Franco Dimauro)

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