Perché Sanremo non è sempre il solito Sanremo

La partecipazione tra i big di artisti come Fulminacci, Madame, Coma_Cose, Willie Peyote, Colapesce, Dimartino, Rappresentante di Lista, Lo Stato Sociale, Bugo, Davide Toffolo e Ghemon rappresenta una svolta epocale.

Anche quest’anno, dal 2 al 6 marzo 2021, torna Sanremo e sicuramente c’è bisogno di dire qualcosa in più oltre le semplici e sterili polemiche su chi partecipa, chi no, i compensi RAI, gli ospiti e bla bla bla.

Sì, perché probabilmente in Italia siamo bravi solamente a riempirci la bocca di parole ed esprimere sentenze (principalmente il popolo del web) ma una cosa però volevo dirla pure io: questo Sanremo ha qualcosa di diverso.

La partecipazione tra i big di artisti come Fulminacci, Madame, Coma_Cose, Willie Peyote, Colapesce, Dimartino, Rappresentante di Lista, Lo Stato Sociale, Bugo, Davide Toffolo e Ghemon rappresenta una svolta epocale. Mai come quest’anno abbiamo bisogno una fetta di artisti “indie” (lasciatemelo dire ancora vi prego, sono un nostalgico) o che semplicemente non proviene da certi ambienti extra pop fondati sull’impero del denaro.

Quanto sarà bello rivedere Lo Stato Sociale o i siciliani Colapesce e Dimartino? Molto, perché questi artisti hanno fatto della gavetta la loro arma vincente, poco altro da dire. Tutto ciò ovviamente esulando dai gusti personali che non si discutono.

Però (c’è sempre un però) ciò che invece continua a non piacermi di Sanremo è che vengano sempre inserite le proposte dei vari talent e alcuni altri dinosauri che non sto qui a dirvi (no, non parlo di Max Gazzè, ci mancherebbe altro).

A volte infatti sembra che certi artisti debbano esibirsi a Sanremo forzatamente, perché qualche major l’ha stabilito, perché è così e basta, perché “che fa non li fai suonare i Maneskin? Sai quanti ragazzini seguiranno il festival?”.

Il festival in questi casi non si dimostra ancora coraggioso nel chiudere le porte a certi artisti costruiti e plastificati che non possono considerarsi big semplicemente dopo uno o due anni di concerti e dischi sospinti dalla potenza dei salotti televisivi e sia chiaro non ho nulla contro i talent ma sarebbe bello che le scelte del direttore artistico tengano conto anche della carriera e del tipo di carriera e non solamente degli ascolti o dei dischi venduti. Perché, per me, un Colapesce e un Dimartino (vedi foto in alto) valgono più o meno cento Irama a prescindere dal concetto di musica, genere e tutto.

Ad ogni modo siamo sulla buona strada e sono molto contento, mi auguro che la schiera degli artisti che provengono dal basso possa continuare a spingere ed a dilagare e che la musica super commerciale resti nelle orecchie di chi non sa la differenza tra un basso ed una chitarra.

Il festival di Sanremo è il festival della musica Italiana e noi come piccoli partigiani musicali abbiamo l’obbligo di far vedere che il Paese è reale (come direbbe un famoso giudice di X Factor) a prescindere da pandemie varie ed eventuali.

Detto ciò, ricordatevi sempre che ascolterete la punta dell’iceberg e che tutto il mondo sommerso lo troverete nelle nostre pagine, come sempre. (Lorenzo D’Antoni)

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