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Recensione: The Creation – Creation Theory (2017)


La recente dipartita di Bob Garner dovrebbe aver definitivamente fugato ogni probabilità di un’ennesima reunion, cosicché Creation Theory, lo splendido cofanetto piovutomi a casa direttamente dalle officine Edsel ha tutta l’aria del documento definitivo dei Creation, splendida creatura dell’epoca freakbeat inglese autrice di una manciata di singoli e di un unico album parecchi dei quali stampati all’epoca solo in Germania e di due tardivi “rientri in scena” che non ne avrebbero scalfito il mito ma neppure rinverdito i fasti.

I Creation così come li conosciamo noi nascono ufficialmente nell’aprile del 1966, quando il manager Tony Stratton-Smith impone alla band un repentino cambio di bassista, un nome più moderno ed evocativo e un look in linea con l’eleganza ribelle dei mod. Fino a quel momento i Creation non sono altro che una delle tante band che suona sei giorni su sette per i locali di Londra portando a spasso un piccolo repertorio di canzoni americane. Si chiamano Mark Four e fra un concerto e l’altro hanno il tempo per registrare quattro singoli e pubblicarli su tre etichette come Mercury, Decca e Fontana. Risibili i primi due, già più interessanti i rimanenti man mano che la band decide di abbandonare le cover per dedicarsi ad un repertorio autoctono e di lanciare i primi “flash purpurei” per i quali diventeranno famosi e che sono dovuti all’estroso stile chitarristico di Eddie Phillips.

Il cambio di rotta obbligato da Strat impone però una rapidissima sterzata, sicchè quando nel Giugno del ’66 viene pubblicato il singolo Making Time/Try and Stop Me i Creation sono davvero una band dal suono esplosivo. L’uso creativo del feedback e dell’archetto per violino strofinato sulle corde della chitarra fa di Making Time un pezzo dal fortissimo impatto, esasperato dalla produzione sapiente di Shel Talmy, l’uomo che ha acceso di furia pre-punk canzoni come You Really Got Me, My Generation, All Day and All of the Night, I Can’t Explain.

È una canzone dal piglio ribelle, selvaggio, recalcitrante e indisciplinato quanto basta per piacere ai giovani. E i giovani sono il mercato. Strat aveva visto giusto. La replica non tarda ad arrivare e a ottobre il secondo singolo supera in arroganza e bellezza quanto fatto quattro mesi prima. Painter Man sfrutta gli stessi trucchi di Making Time, con Eddie Phillips che manovra l’archetto come fosse uno scudiscio sulla carne di un cavallo imbizzarrito mentre Biff, Bang, Pow è una corsa a ostacoli tra le allora celebri scritte onomatopeiche dei classici telefilm di Batman colorata da un piano boogie e sorretto da una ritmica implacabile. Le cose tuttavia precipitano a gran velocità, nel microcosmo dei Creation.

Stratton-Smith e Kenny Pickett lasciano la band uno dopo l’altro costringendo il bassista Bob Garner ad assumere le veci di cantante e a cercare fortuna in Germania dove tirano su alla bell’e meglio, con qualche cover un po’ sciapa di pezzi altrui, il loro unico album. Lo stile del gruppo a quel punto si adatta al timbro soul di Bob producendo canzoni come If I Stay Too Long e Cool Jerk prima di impennarsi sulla pista del montante fenomeno psichedelico con pezzoni come How Does It Feel to Feel e Through My Eyes. La produzione prosegue per tutto il 1968 con continue defezioni ed ingressi (tra cui anche, per un paio di singoli, il futuro Rolling Stone Ron Wood) prima di arrestarsi del tutto. O quasi.

Perché quasi due decenni dopo, i Creation serrano le fila reclutando Mick Avory dei Kinks per realizzare un modesto album tronituonante di fiati, tastiere e ritmi da FM che manco la Electric Light Orchestra o i Boston. Talmente brutto o comunque talmente fuori dai “canoni” Creation da venire stampato solo nel 2004. Il rientro in scena ufficiale è invece del 1994, con la vecchia line-up ormai riappacificata e un nuovo contratto con l’etichetta fondata da Alan McGee ispirandosi proprio a loro nella scelta del nome e in parte dei contenuti. L’idea iniziale, ovvero quella di pubblicare un solo singolo che abbia per titolo lo stesso della band e dell’etichetta non solo viene realizzata (e pubblicata infatti col curioso titolo Creation by Creation for Creation) ma superata in corsa dalla registrazione di un intero nuovo album dal titolo Power Surge. A curarne la produzione è lo stesso Alan McGee, gasatissimo dall’idea di avere fra le mani i suoi idoli di sempre, ma il risultato ovviamente non è che un pallidissimo riflesso dei Creation di trent’anni prima e di canzoni memorabili, neppure l’ombra.

La corposissima sezione audio di questo cofanetto raccoglie ovviamente tutti e tre gli album e i singoli della formazione, compresi quelli nel primitivo assetto dei Mark Four anche se la vera novità è costruita dalle riedizioni in stereo che occupano buona parte del secondo disco (comunque identiche a quelle uscite in simultanea sull’antologia Action Painting pubblicata dalla Numero Group). Il DVD che occupa il quinto disco mette invece assieme le storiche apparizioni al Beat Beat Beat che avevano contribuito in maniera determinante al successo della band nel circuito tedesco e due concerti al Mean Fiddler di Londra del ’93 e del ’95 ma anche qui la cosa veramente inedita è una recentissima intervista a Eddie Phillips registrata nel Marzo del 2017 proprio come commento al contenuto del cofanetto. L’intera “teoria sulla Creazione” dunque. Fino all’estinzione. (Franco Dimauro)


MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 29 Maggio 2017

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