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I CANI: INTERVISTA (2011)

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INTERVISTA A I CANI (2011) di Jori Cherubini

Non siamo la solita rivista che sgomita per accaparrarsi l’intervista esclusiva dell’artista cool del momento; ci piace soffermarci sulle cose e valutarle a freddo, quando i riflettori tendono al fioco. Per confermare la regola abbiamo deciso di fare un’eccezione per I Cani: one man band ideata e costruita in cameretta e giunta in pochissimo tempo sulla cresta dell’onda. Bene o male ne parlano tutti e senza dubbio rappresenta(no) il caso “indie” dell’estate. Dal canto nostro siamo stati colpiti positivamente dalla vitalità del progetto (a tal proposito rimandiamo il lettore alla recensione di Nicola Pice di prossima pubblicazione). Se faranno strada lo dirà il tempo, intanto è d’uopo godersi il “Sorprendente album dei cani”. Buona lettura.

Perché “i Cani”?
Si tratta di un omaggio a “I Gatti di Vicolo Miracoli”, una delle nostre principali ispirazioni, soprattutto con l’immortale “Disco Gatto”.

Come spieghi questa attenzione, qual è la ricetta vincente?
Non c’è nessuna ricetta vincente, ho solo cercato di fare un disco che io stesso avrei voluto ascoltare.

Devo ammettere che i suoni non mi sembrano esattamente “sorprendenti”, al contrario dei testi, interessanti e impeccabili nell’inquadrare al meglio la generazione dei ventenni d’oggi, che sbrigativamente si potrebbe definire hipster. Concordi?
Sì.

Come avviene la fase di scrittura? Prima componi i testi e poi le musiche o viceversa?
Più o meno parto da i testi: cerco di costruire la musica intorno a una frase o a un concetto. Per me è fondamentale sapere di cosa sto parlando, perché mi aiuta a capire quali atmosfere voglio associargli.

Decidendo di mantenere l’anonimato – va da sé – hai alimentato mistero e curiosità; ma anche difficoltà nell’inquadrare il personaggio “Niccolò Cani”. Aiutaci: chi eri “prima”?
Lo stesso di ora: un ventiqualcosenne romano che ascoltava musica e provava a produrne di propria.

Credi che “i pariolini di diciott’anni”, descritti nell’omonima canzone, siano una specificità del quartiere in oggetto o invece rappresentino uno spaccato abbastanza realistico dei ventenni d’oggi?
In realtà il successo del pezzo mi ha molto sorpreso perché di fatto parlava di pochissime persone, tuttalpiù una quindicina, che avevo precisamente in testa quando ho scritto la canzone. Non voleva essere un pezzo di denuncia, anche perché non ho idea di come siano “i giovani d’oggi” in generale. Posso parlare di quelli che conosco io.

I tuoi pezzi sono stati ottimizzati dentro uno studio professionale o sono il risultato di un lavoro artigianale e casalingo?
Come recitano i credit dell’album: la musica è stata fatta principalmente a casa mia, le voci sono state fatte in uno studio di registrazione molto arrangiato con un microfono da 90 euro, il missaggio e il mastering sono stati fatti presso l’Alpha Dept. di Bologna da Giacomo Fiorenza e Andrea Suriani rispettivamente.

Quanto hai speso per finire l’album?
Nulla.

Spesso, quando escono nuovi nomi nel panorama “indie” nostrano, si sprecano commenti su dove potrà mai arrivare il nuovo artista e al contempo cresce da subito la curiosità sul secondo disco (notoriamente il “più difficile”, dopo il terzo); come ti prepari a smentire i professionisti della stroncatura aprioristica? Più semplicemente: come accontenterai i tuoi fan (già numerosi)?
Non voglio smentire né accontentare nessuno. Farò la musica che mi sentirò di fare.

Guardandoti intorno chi sono, tra i colleghi, quelli che senti più affini, stilisticamente?
Come ho detto spesso, indubbiamente la scena rap, e in particolar modo Dargen D’Amico.

Durante un’intervista hai dichiarato di trovare i Baustelle “insinceri”. Cosa intendi per sincerità [in ambito musicale]?
Intendo una ricerca profonda nel proprio vissuto, piuttosto che la costruzione di un immaginario più o meno realistico.

Quanto sono stati funzionali i nuovi media per la diffusione della tua musica. Pensi che esisterebbero I Cani senza Youtube e Facebook?
Credo che ogni epoca abbia avuto i propri mezzi di diffusione musicale, ma è difficile capire quanto questi abbiano contato, a meno di non avere una macchina del tempo. Indubbiamente YouTube e Facebook hanno ridimensionato l’importanza della presenza sul territorio, dei live.

Qualcuno ha definito i tuoi brani come “canzoni con la data di scadenza”. Credi che, paradossalmente, i tuoi testi possano risentire dell’eccessiva pertinenza con l’attualità?
Non so che dire. Ascolto di continuo musica zeppa di riferimenti a elementi particolari dell’epoca in cui è stata composta, ma se si tratta di roba che ha un valore intrinseco, credo che questo arrivi comunque. Conosco persone che non hanno idea di cosa siano i luoghi o gli artisti che cito nei brani, eppure li apprezzano ugualmente perché “arriva” un contenuto umano che va al di là dei riferimenti. La risposta comunque la sapremo tra qualche tempo.

Con quali artisti contemporanei – gravitanti nel sottosuolo musicale italiano, ma non solo – ti piacerebbe collaborare in futuro?
Sicuramente qualche rapper, e in generale artisti al di fuori dell’indie comunemente inteso. Non me la sento di fare nomi perché ci sto ancora pensando.

Come sei arrivato alla scaletta definitiva del “Sorprendente album d’esordio dei Cani”, quanto hai impiegato per scrivere i testi e registrare i brani?
Pariolini e Wes Anderson sono stati scritti tra il 2009 e il 2010. Il resto del disco è stato scritto e registrato tra ottobre 2010 e febbraio 2011, mi pare.

Solita domanda banale ma curiosa: 5 dischi “da isola deserta”?
The Velvet Underground – The Velvet Underground & Nico
Public Image Ltd. – Metal Box
Sonic Youth – Daydream Nation
Beastie Boys – Ill Communication
CCCP – Compagni cittadini fratelli partigiani

Dell’underground italico fanno parte “Io sono un cane”, Il Cane e, adesso, I Cani. Perversione, dichiarazione d’intenti o amore per il migliore amico dell’uomo?
Banale coincidenza, almeno per quanto mi riguarda.

Sebbene i tuoi brani siano frutto di un lavoro “in proprio”, durante i live verrai accompagnato da una sessione ritmica (come già accaduto durante il Mi Ami Festival di Milano). Cosa dobbiamo aspettarci dai tuoi spettacoli?
Volevo dei concerti rock, non dei laptop set. L’idea è quella di riuscire ad avere quell’impatto lì, ma senza usare chitarre.

Parioli, Monti, Pigneto, Monte Sacro, il Circolo degli Artisti. Roma, Roma, Roma. Nonostante un cinico disincanto le tue canzoni sembrano quasi dichiarazioni d’amore per la Capitale. Ami Roma?
No, semplicemente sono nato e vissuto qui.

Credi in Dio?
Non mi pongo il problema, quindi direi di no.

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